Nel
2000, cioè ancora nella pancia della mamma, Teastorycat iniziò un lungo
percorso di ricerca artistica sulla fiaba, sui suoi meccanismi, sui suoi
simboli e sui modi di raccontarla. In particolare ha approfondito la tecnica
dello storytelling, una tecnica di
narrazione di origine anglosassone, dove non c’è un narratore esterno, ma uno storyteller che racconta la storia
diventando man mano tutti i personaggi. Lo spettatore lo segue e lo accompagna
in un viaggio creativo e profondo.
Uno
spettacolo di storytelling può essere
fatto in qualsiasi luogo e con qualsiasi luce, è adatto a chiunque voglia farsi
catturare dal magnetismo delle storie.
Lo
storytelling é un’arte semplice e
complessa ad un tempo. Nello spazio scenico bastano pochi elementi scenici per
ricreare un mondo fantastico. Tuttavia per l’attore é una tecnica assai
impegnativa, sia dal punto fisico che psicologico, e richiede una maestria non
comune. Con il semplice uso di oggetti, costumi, maschere egli disegna a tratto
leggero dei mondi che non ci sono, e
trasporta in essi lo spettatore con la forza travolgente delle parole e
dei gesti.
Fay
Prendergast era una grande storyteller,
soprattutto in lingua inglese, la sua lingua.
Silvia
Iannazzo ha imparato e sta portando avanti l’arte e la ricerca della sua
maestra.
Andrea
Borini ha collaborato con il suo occhio registico e in qualche occasione si è
cimentato in quest’arte.
E IL THERAPEUTIC STORYTELLING?
E IL THERAPEUTIC STORYTELLING?
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